Dall’ego alla nostra essenza
Secondo la tradizione dello Shivaismo del Kashmir, le tappe fondamentali per arrivare all’illuminazione spirituale sono tre:
1) il risveglio dell’Anima, Jivatma;
2) la rivelazione del Sé Supremo, Atman;
3) la fusione del nostro Sé Supremo Individuale con il Sé Supremo Macrocosmico, Paramatman.
Il risveglio dell’anima è dunque un passo molto importante nella nostra evoluzione, e secondo alcuni trattati il risveglio dell’anima è addirittura una condizione assolutamente necessaria perché qualcuno si consideri essere su una via spirituale.
L’espressione “metterci l’anima” indica appunto quella capacità di “animare”, di rendere vive le nostre azioni quotidiane, sia che si tratti di ciò che facciamo nel lavoro, che nel rapporto con gli altri, e anche nella nostra pratica spirituale (sadhana). Senza questa energia che proviene da dentro di noi è difficile far apparire delle risonanze elevate ed intense, senza le quali non possiamo superare le barriere imposte dai giudizi errati, dalle percezioni mentali uniformi e lineari della mente sensoriale ed istintuale.
Quello stato, quella condizione di animare di cui parliamo è in stretto legame con il centro di forza Anahata Chakra. A livello di questo centro di forza si trova il punto di incontro tra le due dimensioni della coscienza umana: lo Spirito e la Vita. Anahata Chakra è il centro di forza che unifica lo Spirito e la Vita combinando due azioni: da un lato abbiamo il processo di alchimia interiore della vita istintuale, delle energie e delle pulsioni abissali dell’essere umano, e dall’altro lato, a questo livello, Anahata Chakra viene “intriso” dalla forza dello Spirito Supremo, grazie alla straordinaria potenza dell’amore con cui Anahata Chakra si trova in risonanza.
Un aspirante spirituale dovrebbe agire simultaneamente in entrambe le direzioni, e può farlo veramente bene solo se ha risvegliato la sua anima, cioè se tutto il suo agire è intriso di questo Amore incondizionato.
Essere nella Gioia, senza indugi!
Fino a quando la nostra anima non è risvegliata, fin quando le nostre azioni non sono sostenute da un entusiasmo puro, dalla gioia della Vita, è come se lasciassimo Dio ad aspettare in un angolino, come ad un ideale verso cui tendiamo, ma con l’idea che non si tratti di una cosa cosi immediata… con il pensiero che un giorno ci arriveremo… che un giorno ci impegneremo… “quando” ci saranno le condizioni… E quel quando spesso rimane un non ora, cioè mai.
Cosi, nel frattempo orientiamo le nostre attenzioni, le nostre energie e i nostri sforzi verso gioie più piccole, verso il soddisfacimento di desideri momentanei, che non fanno altro che rimandare, fino a quando… ci siamo dimenticati quale fosse il nostro intento iniziale. E ci dimentichiamo di noi stessi.
Tutto questo avviene perché il nostro animo non è ancora vivo, e la nostra mente non sembra essere capace di comprendere simultaneamente entrambe le direzioni della coscienza, ossia la vita di tutti i giorni e l’aspirazione a quel Qualcosa di Supremo. Come se potessimo realizzarle solo in successione: prima risolvo i problemi quotidiani e poi… Sono le nostre attitudini quotidiane che ce lo mostrano.
Essere noi stessi è essere nel Cuore
Cosi come un uomo immerso nell’acqua pensa innanzitutto il modo in cui poter ritornare a respirare, prima di ogni altra cosa, cosi dovrebbe agire un aspirante spirituale autentico alla rivelazione del proprio Sé Supremo. Farà di tutto per rivelare il Sé e poi penserà alle altre cose che potrebbe ancora fare in questa vita.
La difficoltà di coltivare una simile attitudine per un certo periodo di tempo, soprattutto nei momenti in cui interferiamo con situazioni piuttosto intense e divergenti come senso, verrà in una certa misura eliminata se perseguiremo la dinamizzazione del centro di forza Anahata Chakra, allo scopo di arrivare cosi a questo stato di risveglio interiore dell’anima.
Alcune modalità pratiche di Risveglio
La dinamizzazione di Anahata Chakra si può ottenere mediante l’Amore più puro ed elevato che possiamo manifestare verso uno o più esseri umani ed ogni altra creatura, ma anche attraverso l’applicazione perseverante di tecniche specifiche, quali ad esempio:
– Asana come Prarthanasana, Bhujangasana, Vajrasana, Gomukhasana, Yoga Mudra;
– Pranayama focalizzando il prana in Anahata, con le specifiche correnti sottili colorate (prime fra tutte il Blu), o con le vocali mantriche;
– Pratiche spirituali quali l’Arte della Benedizione, o la tecnica del Parafulmine, nelle quali diventiamo canali della Grazia Divina;
– la Preghiera del Cuore, vera e propria modalità di Yoga cristiano, descritta in numerose opere dell’esegesi (tra cui menzioniamo i testi di Padre Vannucci, come Lo Yoga Cristiano);
– pratiche di concentrazione mentale sul Cuore, come la meditazione su uno specifico Yantra (di Anahata, di Vayu tattva, di Bhuvaneshwari, del Sé Supremo Atman, ecc.);
– tecniche di Meditazione (Dhyana) quali il Fiore Blu, Laya Yoga con il Bija mantra di Anahata Chakra o Laya Yoga con una delle Grandi Forze Cosmiche (Mahavidya), fino alla meditazione di Rivelazione del Sé di cui la più nota è quella che usava il grande yogi Ramana Maharishi: atma-vichara.
Queste sono alcune delle tecniche che vengono gradualmente insegnate ai nostri corsi di Yoga Integrale Esoterico, Tantra Yoga e Shivaismo del Kashmir, ma nonostante le Vie del Cuore siano infinite, ciò che rimane il comune denominatore dell’efficacia di queste modalità di risveglio rimane la nostra aspirazione, sincera ed intensa.
In fondo, non è forse l’Amore, l’energia sublime veicolata da Anahata Chakra, la cosa a cui aspiriamo di più?